Un’altro grande artista ci ha lasciato. E’ morto Pino Daniele ! Dal sito ufficiale:

Pino Daniele?
Il nero a metà, l’americano della nuova Napoli che sognava di veder passare la nuttata, il mascalzone latino, il Lazzaro felice, l’uomo in blues, il musicante on the road, il neomadrigalista, cantautore che negli anni in cui dominava il messaggio non mise mai in secondo piano la musica, pur avendo cose da dire, e che cose.

Giuseppe Daniele, napoletano del centro storico, classe 1955. Oggi che la sua carriera ricomincia da un’indipendenza discografica-artistica a cui ha da sempre aspirato, appare ancor più chiara e ricca e complessa e diversa da qualsiasi routine la parabola che l’ha portato dai vicoli dove non entra mai il sole alle hit parade, l’Olympia di Parigi, Umbria Jazz, l’Apollo di New York, il Festival di Varadero a Cuba, gli stadi di tutt’Italia, l’Earth Day al Circo Massimo, il Crossroad Guitar Festival di Chicago….

A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta Pino inventa una nuova lingua, anzi un lingo, gioca con le melodie assimilate in piazza Santa Maria La Nova, i racconti di munacielli e belle ’mbriane delle zie, il rock e il jazz come sogno americano, il vento di rivoluzione che scuote Napoli negli anni dell’impegno che naufragherà nel disimpegno poi detto riflusso.

Come Carosone riflette sull’America che è in lui e nella sua musica, utilizzando la rabbia al posto dell’ironia, un piglio da capopolo newpolitano al posto dello sfottò, che pure permea il suo canzoniere da Masaniello ma non troppo. Il suo leggendario supergruppo mostra all’Italia che nella canzone c’è un Sud competitivo, che sa parlare alla nazione intera anche usando il dialetto, segna l’apice del neapolitan power, ma anche la fine: quando il sogno collettivo dell’orgoglio vesuviano lascia il passo alle carriere soliste, Daniele prende il volo, ma ha già scritto pagine destinate a rimanere, fondendo la melodia partenopea con il rock-blues, la canzone di protesta con la saudade del Vesuvio.